Gli affreschi Alfieri

Il palazzo Alfieri a Crema
I dipinti esposti in mostra in origine ornavano una o più sale poste al piano nobile del palazzo Alfieri. L’edificio, tuttora conservato, sorge lungo l’antica Strada Serio, corrispondente all’attuale via Mazzini, 16. Il fabbricato assunse l’aspetto attuale a seguito di un’ampia ristrutturazione avvenuta probabilmente alla fine del Cinquecento. All’epoca apparteneva alla famiglia Alfieri presente in città fin dal XII secolo. Non sono noti documenti che indichino il committente degli affreschi, ma è possibile ipotizzare che si tratti di Rodolfo Alfieri, che risulta in vita nel 1570 e deceduto nel 1600. Alla sua morte il palazzo passò al figlio Flaminio e in seguito alla figlia di questi, Deianira Alfieri. Nei secoli successivi l’edificio subì vari passaggi di proprietà finché nel 1912 entrò in possesso di Ferruccio Basso che nel 1933 fece strappare e vendette i dipinti di Aurelio Buso al collezionista Paolo Stramezzi. Nel 1942 il palazzo fu comprato da Serafino Vanoli i cui discendenti mantengono tuttora la proprietà del fabbricato.

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In questa pagina: Aurelio Buso e collaboratore, Fregi, Museo Civico di Crema e del Cremasco, 1560 – 1580 circa

Gli affreschi strappati
Dopo lo strappo del 1933 gli affreschi entrano a far parte della collezione di Paolo Stramezzi e sono collocati nella villa suburbana detta la Perletta, nel quartiere di San Bartolomeo ai Morti a Crema. Nel 1963 cinque frammenti (Invv. 627-631) vengono donati dal collezionista al Museo Civico di Crema e del Cremasco da poco istituito. Nel 2018 il Comune di Crema ha potuto acquisire dalla stessa collezione altri ventidue dipinti (Invv. 2130-3151) in modo da riunire il ciclo.

L’iconografia
Non sono note immagini che raffigurino il ciclo di affreschi prima dello strappo risulta quindi difficile ipotizzare quale fosse la disposizione originaria dei dipinti. Sicuramente possiamo riconoscere un fregio alto circa 1,50 m che correva appena sotto il soffitto di un grande salone. La decorazione prevede medaglioni o grandi riquadri racchiusi da cartocci mistilinei di diversa complessità alternati a figure femminili e maschili. Non è, invece, possibile stabilire quale fosse la disposizione sulle pareti delle storia degli strappi ovali, delle cariatidi dei putti, del vaso e dei fregi a grottesche. Tutte le scene, tranne una, raffigurano episodi della mitologia classica derivati, probabilmente, dalle Metamorfosi di Ovidio. L’unica eccezione è la raffigurazione di un battesimo che appare ridipinto, probabilmente tra fini Settecento e inizio Ottocento, sopra a un’altra scena.

Attribuzione e datazione
L’attribuzione ad Aurelio Buso, formulata per la prima volta da Giuseppe Racchetti nel 1850 circa, è sempre stata confermata dalla critica successiva. Gli studi più recenti, grazie soprattutto ai confronti con altre opere di Aurelio Buso quali gli affreschi in Palazzo Zurla – De Poli a Crema (datati 1573) e del santuario della Beata Vergine della Pallavicina a Izano (datati 1577) hanno permesso di riferire i dipinti all’ultimo periodo dell’attività di Aurelio Buso, quando accanto al pittore ormai anziano opera costantemente un collaboratore.

quando

Dal 20 ottobre 2019 al 2 febbraio 2020

Dove trovarci

Museo Civico di Crema e del Cremasco, piazzetta W. Terni de Gregorj, 5 – 26013 Crema (Cr)

orari di apertura

Lunedì: chiuso

Martedì: 14:30-17:30

Da Mercoledì a Venerdì: 10-12 / 14:30-17:30

Sabato e Domenica: 10-12 / 15:30-18:30

Ingresso gratuito

Info e visite guidate

info@ilmanierismoacrema.it