I restauri

Lo strappo

La prima testimonianza dell’esistenza di un ciclo di dipinti di Aurelio Buso nel palazzo Alfieri di Crema è fornita da Giuseppe Racchetti attorno al 1850. L’erudito cremasco descrive una «magnifica sala» con pochi dipinti ancora visibili e in cattive condizioni. In base a quanto possiamo vedere oggi, si può ipotizzare che le pitture fossero state in gran parte scialbate. Per far questo ampie porzioni erano state martellinate, cioè picchiettate con un martello per permettere all’intonaco di aderire meglio.

Nel 1933, grazie all’interessamento dell’appassionato d’arte Domenico Giusto, il proprietario del palazzo, Ferruccio Basso, decide di far descialbare gli affreschi. Dopo questa operazione, secondo le metodologie conservative in uso all’epoca, si decide di strappare i dipinti dalle pareti per garantirne una migliore conservazione. La superficie pittorica viene cioè ricoperta di uno strato di colla su cui viene applicata una tela. Si procede quindi letteralmente a ‘strappare’ lo strato superficiale di intonaco dipinto. In seguito lo strappo viene riportato su una altra tela o su una tavola.

L’intervento fu eseguito dal restauratore Afredo Laini (Lodi, 2 agosto 1883 – Crema, 30 ottobre 1953) e, secondo la stampa dell’epoca, sembrò perfettamente riuscito. Oggi possiamo dire che non fu così perché ci fu un eccessivo ricorso a collanti. Ciò ha innescato gravi fenomeni di deadesione con sollevamenti “a cresta” del colore che, nel corso del tempo, hanno provocato numerose lacune localizzate su gran parte delle opere. Inoltre, gli strappi, furono tagliati, sagomati e assemblati per adattarsi alle dimensioni di una sala della villa La Perletta nel quartiere di San Bartolomeo ai Morti a Crema. Questo si nota in particolare nei lacerti più grandi (Invv. 2133, 2137,2138) dove si vedono le giunte fra più pezze di tela. La forte umidità del locale ha infine ulteriormente aggravato le condizioni delle opere.

L’intervento conservativo

Questo dunque era lo stato di conservazione nel 2018 quando il Museo Civico di Crema e del Cremasco ha potuto acquisire i dipinti. Già prima dell’acquisto, in accordo con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Cremona, Lodi e Mantova, era stato programmato un intervento di restauro che ha garantito la conservazione e migliorato la leggibilità delle opere.

I lavori sono stati eseguiti allo Studio Restauro Beni Culturali s.a.s di Paolo Mariani & C. (Crema), sotto la direzione dei funzionari della Soprintendenza Aria Amato (restauratrice) e Filippo Piazza (storico dell’arte). I restauratori hanno provveduto al fissaggio dei sollevamenti, al consolidamento del colore e alla spolveratura delle superfici.

Una grossa problematica è stata rappresentata dalla necessità di mantenere un livello omogeneo di pulitura, a fronte di situazioni molto diversificate che caratterizzavano ogni elemento del ciclo. Si è cercato, di armonizzare il risultato finale senza approfondire la pulitura delle zone meglio conservate, per evitare di creare ulteriori dissonanze.

Nuove stuccature si sono rese indispensabili dove le lacune erano di grandi dimensioni. La scelta dei prodotti per la stuccatura ha tenuto conto della particolare conformazione fisica dell’affresco strappato, che assomma in sé l’intonaco e la tela. Si è optato per integrazioni eseguite con calce priva di sali caricata da polvere di marmo, perché la resa materica simile alla superficie di un dipinto murale avrebbe agevolato la successiva integrazione pittorica. Questa è stata eseguita a velatura e, in casi più rari, a puntinato, con colori ad acquarello.

quando

Dal 20 ottobre 2019 al 2 febbraio 2020

Dove trovarci

Museo Civico di Crema e del Cremasco, piazzetta W. Terni de Gregorj, 5 – 26013 Crema (Cr)

orari di apertura

Lunedì: chiuso

Martedì: 14:30-17:30

Da Mercoledì a Venerdì: 10-12 / 14:30-17:30

Sabato e Domenica: 10-12 / 15:30-18:30

Ingresso gratuito

Info e visite guidate

info@ilmanierismoacrema.it